Dittici

...concessione a vezzi e gentilezze stilistiche, a nature morte dal sapore apparentemente decorativo. Riconosco la pennellata sciolta, veloce, la materia pittorica che e' la stessa. La cifra stilistica e' salva, ma i soggetti scombinano i punti di riferimento e le coordinate con le quali ho tentato di raccontare le sue opere di poco precedenti. Con i pittori innovativi di meta' Ottocento e primi anni del Novecento il tema della natura morta ottiene un riscatto riguardo ai soggetti storici, mitologici o religiosi. Ma poi dopo Cezanne, dopo Morandi, che cosa puo' ancora serbare, dire, rivelare? Luciano Paganelli e' andato oltre, ha varcato la soglia entrando in quella dimensione dell'arte in cui non riprodurre se stessi per paura di essere disconosciuti non e' piu' un limite, non e' piu' un freno. Nuove e interessanti ricognizioni captano e impastano pezzi di storia dell'arte, materializzando incontri-scontri fra poetiche ed epoche diverse. Oggetti che presi singolarmente mostrano forte consunzione pittorica e artistica acquistano nuova forza espressiva nel confronto con altri oggetti, di grande pregio, o di largo utilizzo, frutto di attente ricerche, sia tecniche, sia estetiche.

....Non c'e' corruzione della materia, anzi gli oggetti vivono in una loro splendida solidita'; eppure la loro giustapposizione crea cortocircuiti decontestualizzanti che riproducono tensioni del contemporaneo e lo interpretano fedelmente fino a costruirne una rappresentazione spietatamente cruda, anche se ad un primo approccio, come spesso accade nella realta' dei nostri giorni, si captano immagini fortemente accattivanti. Messaggi di surrealista memoria, quali omaggi a Rene' Magritte, scompaginano le flebili e false certezze cantate da moderne sirene. Metafisiche composizioni riflettono silenzi e inquietanti spaesamenti secondo la lezione del ferrarese Giorgio De Chirico. Oggetti di uso quotidiano, risucchiati all'interno della tela, fanno il verso all'eversivo movimento Dada e alle piu' rassicuranti esperienze della Pop Art. Mimesi del contemporaneo, il lavoro dell'artista svela fedelmente aspetti del reale, indaga le contraddizioni e rintraccia possibili vie d'uscita. Produce oggetti visivi che, per la loro voluta apparente incoerenza, calamitano l'attenzione e inducono al ragionamento. La narrazione e l'aneddoto vengono azzerati dall'esplicito rapporto dialettico fra i contenuti dell'opera, che strattona chi guarda sul versante del pensiero, del ragionamento.

Oggetti scelti con cura meticolosa, posti nel loro univoco spazio, si fronteggiano, si scrutano, si attraggono, si respingono, si cercano. L'inesorabile frattura ribadisce con forza l'impossibilita' del contatto. I due mondi restano separati, anche se Paganelli, nel fluire dello spazio pittorico, costruisce possibili canali d'aggregazione. Spazio e tempo, geografia e storia, in un incontro-scontro dialogano, pur mantenendo saldo il loro ordine, sottolineato dallo iato fra gli elementi giustapposti. Mescolanza di razze, ibridazioni, coesistenze difficili sono solo alcune delle innumerevoli questioni che caratterizzano i nostri giorni. Laboratorio di sofisticatissime indagini, i dittici del pittore divengono paradigmi di accadimenti vicini. Paganelli produce un dialogo serrato fra elementi di una metafisica domestica, mettendo a confronto due sistemi ontologici (che riguardano l'essere in quanto tale): la sfera del sentimentale, che appartiene al nostro passato prossimo con i riferimenti culturali della nostra storia stratificati nei recessi della memoria (fiori, bottiglie di vetro, cranio di cavallo ), e d'altra parte il sistema degli oggetti senza aura nostalgica, ma che per la loro pulizia formale rimandano a un "equilibrato apollineo classicismo" (lampade Tizio e Tolomeo, bottiglia in polietilene, turbina eolica ). Il cortocircuito proietta i due sistemi in un luogo dei fenomeni, in cui avviene la magica alchimia. Fusione degli elementi che produce stupore e meraviglia; attributi propri della pittura, attributi propri dell'arte. Lo iato fra gli oggetti dipinti sottolinea anche la volonta' di raccontare e spiegare, come una dimostrazione matematica o come un'esperienza scientifica che puo' essere piu' volte riprodotta, l'antica pratica miracolistica ottenuta dall'intuizione dell'artista.

Luciano si libera dalle secche del figurativo, dalla rappresentazione fine a se stessa, esce dall'ambito della natura morta tradizionale, procedendo verso esperienze nuove mediante gli antichi strumenti della pittura. Per produrre nuove opere d'arte, nuove idee, occorrono nuovi mezzi espressivi? O si puo' ipotizzare che mediante un antico linguaggio si possa ancora produrre meraviglia e stupore? Luciano conferma la seconda ipotesi. Mantenendo saldi i valori, le tecniche, l'ordine del pensiero, mostra come sia possibile ricondurre la pittura nel solco del contemporaneo, senza peraltro sottrarsi alle richieste del proprio tempo. Escludendo la figura, ideologicamente legata all'estetica greca, la natura morta, microcosmo di vasti paesaggi, legata ad un'etica e ad una vera e propria esigenza non ideologica fa si che l'artista diventi lui stesso opera. Il pittore "demiurgo" produce opere d'arte, non solo esteticamente corrette ma anche "buone", "necessarie", in quanto esigenza storica del proprio tempo. Lo spazio nel quale sono collocati gli oggetti, ora piu' definito, ora piu' rarefatto, solo nelle ultime opere distinto anche da misurati "sguardi sul paesaggio", si sgancia dal mondo tangibile e catapulta l'osservatore verso luoghi propri della mente, ma anche dell'anima. Lo spazio diviene il luogo dell'incontro, della coesistenza, del poter stare insieme senza conflitto, pur mantenendo salde le identita'. Spazio annullato, oggetti schiacciati contro una parete virtuale, quasi mentale. Spazio proprio della pittura, ma anche del pensiero e della memoria. Come antichi affreschi sbiaditi dal tempo, i colori tenui, captati dall'esperto occhio dell'artista, fanno da argine a un contemporaneo chiassoso e aggressivo. I toni bassi, di ispirazione chiarista, si oppongono a grida volgari. La "consunzione" del colore, che appare logoro per il peso della storia, richiama un'idea gandiana non violenta del vivere. La superficie semiopaca del quadro fa si che lo sguardo dell'osservatore non schizzi via in seducenti riflessi, ma gli permetta di entrare nell'opera per coglierla nella sua interezza.

L'idea dell'artista di parlare dell'uomo attraverso la sua assenza, attraverso la sola coagulazione del pensiero in oggetti rappresentativi, e' paradigma dei nostri giorni. L'uomo, sempre meno artefice del proprio destino, incapace di coesistenze pacifiche, annaspa in limacciosi flussi mediatici colmi di false certezze. Vaga in un presente eterogeneo nel quale coesistono realta' fortemente differenziate, senza consapevolezza dell'altro e delle etnie che coabitano l'ormai piccolo pianeta. Paradosso contemporaneo. Mai nella storia e' esistita un'epoca in cui la circolazione delle informazioni e' stata cosi' forte e massiccia come oggi. L'impossibilita' di uno sguardo diretto sulla figura umana segnala la condizione presente fatta di innumerevoli avanzamenti, ma anche arretramenti, di primati e notevoli ritardi. La negazione della figura diviene allora un importante segnale verso colpevoli cecita'. Pertanto diventa necessario e urgente produrre pensieri, atteggiamenti o opere artistiche come Busto classico e computer o Turbina eolica e bottiglie, in cui la tecnologia avanzata si confronta con l'origine del pensiero organizzato o con aspetti profondi dell'animo umano. Tecnologia e pensiero al servizio dell'uomo nel rispetto dell'ambiente. Ecco allora che le opere di Paganelli, superando il puro virtuosismo pittorico di matrice estetizzante, si attestano, con un profondo sguardo sul contemporaneo, sul versante dell'universalita' del messaggio. C'e' chi considera i sentimenti troppe volte rifiutati, ripudiati, bistrattati, l'essenza della vita, l'aggancio con l'universo, il carburante col quale si percorrono i sentieri dell'esistenza. Paganelli, discreto e rispettoso degli altri, sembra proprio andare in questa direzione. I timidi e nostalgici vasi con fiori (Vaso con fiori, bottiglia e barattoli; Bottiglia con lavanda e vaso con fiori), che concordano pienamente con l'intimo essere del pittore, ci raccontano cose a noi care, e richiamano, per genere, riferimenti di grande importanza. Si pensi solamente alla "Fiasca con fiori" conservata nella Pinacoteca di Forli', un quadro anonimo del Seicento, probabilmente il piu' bello della sua epoca. Paganelli, con fare struggente, quasi d'altri tempi, ci regala stupende immagini, colme di raffinati messaggi. Ci parla con poesia del vento che muove l'elica della turbina eolica, dei resti discreti di momenti festosi, ma anche di alluminio o polietilene, di oggetti moderni. Ci parla, con quella solidita' tipica dei padri della pittura, a noi cosi' tanto vicini.

Nel quadro Lampada da tavolo (Tizio) e cranio di cavallo, come in un gioco rovesciato delle parti, la lampada, sinonimo di luce e di vita, di colore nero, fa da contraltare al cranio di cavallo, di colore bianco, moderna vanitas che allude alla caducita' delle cose terrene e alla precarieta' del contemporaneo. Il gruppo di bottiglie (Bottiglie e spremiagrumi; Lampada da tavolo e bottiglie; Turbina eolica e bottiglie), che muta nei vari dittici che lo contengono pur non essendo carico di polvere o dipinto con uno strato di colore bianco, richiama il lavoro del grande Giorgio Morandi, soprattutto per quegli aspetti della pittura intesa come cosa mentale, strumento di indagine della realta' e dei meandri nascosti e intimi dell'esistenza. Le silenziose composizioni, capaci di mettere in risonanza le corde profonde dell'anima, ci offrono momenti di comparazione e meditazione. La scelta di mettere a confronto una riproduzione in gesso di un busto dell'Artemide di Gabii, (presunta copia romana della statua greca che Prassitele scolpi' per il santuario dedicato ad Artemide Brauronia, posto nell'Acropoli di Atene), con oggetti di design, spremiagrumi Juicy Salif o lampada Ara' di Philippe Starck, o di sofisticatissima tecnologia, computer iMac, diventati veri e propri "oggetti di culto", rivela la necessita' dell'artista di mettere alla prova la tenuta del codice classico, e di indagare cio' che scaturisce dal confronto con i prodotti dell'ingegno contemporaneo. L'apparente quiete, dovuta alle composizioni equilibrate e all'immobilita' degli oggetti, a una lettura piu' attenta e ragionata, diviene colma di inquietanti interrogativi. Emergono difficolta' tipiche del nostro paese che trova i suoi riferimenti culturali nell'antica Grecia. Riferimenti piu' volte elaborati e piu' volte "ibridizzati" dall'incontro-scontro con storie e geografie diverse. La coesistenza di culture differenti colma voragini e costruisce mondi. Inoltre, l'artista, ponendo lo sguardo sul mondo antico, depositato in immensi giacimenti archeologici, mal tenuti e semi abbandonati, orienta l'attenzione sul problema del recupero, della salvaguardia e valorizzazione dei beni culturali (Busto classico e Computer; Busto classico -Artemide- e lampada da tavolo; Busto classico e spremiagrumi; Tirannicida e turbine eoliche).

Le ultimissime opere di Luciano Paganelli esemplificano ancora una volta la sua sete di ricerca e sperimentazione. I punti di riferimento cambiano ancora: da nature morte risolte all'interno di spazi domestici a nature morte che aprono ad elaborati rapporti spaziali. Il complesso rapporto interno-esterno allarga lo sguardo a nuove e svariate possibili analisi. Non come nel "varco" di Eugenio Montale della "Casa dei Doganieri", i quadri di Paganelli si proiettano nel paesaggio oltrepassando il muro di fondo, superando concretamente la solitudine esistenziale interna alle mura domestiche. I dipinti sembrano cercare un rapporto con l'esterno, con la campagna circostante, con il paesaggio urbanizzato, con il mondo altro, fuori dalle rassicuranti intime stanze di casa, con quel paesaggio antropizzato che e' frutto di immense fatiche e dell'ingegno umano. In Turbina eolica e bottiglie o in Vaso con fiori e turbina eolica il rapporto interno-esterno sottolinea, mediante la pala eolica che diviene l'elemento straniante, la complessita' del contemporaneo e il continuo bisogno di elementi rassicuranti, quali il gruppo di bottiglie di morandiana memoria o lo splendido vaso con fiori. C'e' anche un'attenzione particolare verso l'ambiente e le fonti energetiche alternative. Nel quadro Candeliere e lampada da tavolo (Tolomeo), che potremmo chiamare "Le tre luci", il pittore si sofferma proprio sull'elemento principe della pittura, la luce, e sui sentimenti. Il piccolo brano di paesaggio, bruciato dallo splendore di una giornata assolata, che si intravede attraverso la finestra, fra l'anta "antica" e le sinuose e morbide linee della tenda, induce necessariamente chi guarda a un richiamo della memoria, poiche' e' invitato a ricostruirlo, sostituirlo attraverso i ricordi.

Il ponte, elemento altamente evocativo in quanto "strumento" di comunicazione, di unione fra sponde ma anche fra epoche o mondi diversi, diviene soggetto importante nella pittura di Paganelli. Non e' casuale che il pittore abbia scelto il Ponte della Costituzione a Venezia, il quarto ponte sul Canal Grande per numerosi studi e lavori di grandi dimensioni (Lucerna e Ponte della Costituzione a Venezia). Dopo decenni di dibattiti, polemiche e interminabili discussioni, l?architetto spagnolo Santiago Calatrava propone una struttura diversa dal suo stile, cerca di metterla in rapporto con l'antica citta', si confronta con l'intorno, con la Storia. Ne esce un "ibrido" che non esalta, ma che non disturba, diverso dal ponte Alamillo, sul fiume Guadalquivir a Siviglia, icona culturale del ventesimo secolo, splendido nel suo candore e nelle sue forme essenziali (Lucerna e ponte Alamillo a Siviglia). E' la via piu' difficile, e' la via della mediazione, della ragionevolezza, del sapersi confrontare, del cercare di capire e interpretare "l'altro" da noi. Luciano lo utilizza proprio in questo senso e lo confronta con l'antica lucerna, sorgente di luce fisica e spirituale, che ormai spenta da anni, e' simbolo di quell'"Eta' dei Lumi" dove la ragione era alla base di ogni azione; ma la lucerna si apparenta anche con il candeliere piccolo e basso chiamato bugia. Ecco allora, che le aporie della ragione emergono e l'univocita' di dogmatici e perentori dettami sono necessariamente chiamati a confrontarsi con le diverse e variegate facce del mondo. Si tratta di un mondo che Paganelli indaga attraverso cuore e ragione, "strumenti" che l'artista indica per equilibrare i tellurici e instabili luoghi del contemporaneo. Mondo che Paganelli, pittore vero e onesto, interpreta nei suoi quadri, esito di un serrato lavoro e un fare concreto. I suoi dittici, fieri, non sdolcinati, efficaci e di "poche parole", come una sorta di nuova mitologia dalle qualita' etiche, sottendono a una diffusa rinascita di quei valori capaci di dar vita ai sogni indicando la via verso luoghi sicuri in cui dimora l'arte, in cui l'uomo trova riparo e la speranza risiede.
Paolo Degli Angeli